9 luglio 1980
Avevo capito che era un giorno particolare ma non ne riuscivo a capire il senso.
La mia mamma era più agitata del solito e il mio papà quasi in preda al panico.
Li vedevo mettere in valigia gli indumenti della mia mamma, erano soprattutto pigiami e vestaglie, bagnoschiuma, spazzolino, dentifricio e poi in una borsa a parte c’erano i miei vestitini…che carine quelle tutine tutte colorate, ho creduto fin da subito di essere una bambina fortunata, sentivo che tutti mi amavano e si preoccupavano per me.
“Ma perché non ci sono i vestiti del mio papà?” mi chiedevo e l’unica risposta plausibile era “Boh misteri degli adulti!”
Io intanto mi trastullavo ancora un pò un po’ li, mi piaceva quel posto così caldo, mi facevo certe nuotate anche se non vi nego che iniziava a starmi un po’ stretto.
Per carità non che non sia stata bene tutti questi mesi ma ora ero stanca di sentire delle voci, di sentir parlare di me, di sentire l’amore che mi circondava senza poter esprimere il mio parere. Cavolo esistevo ed era ora che il mondo imparasse a vedermi.
Ero viva, ero una Persona, respiravo, avevo un cuore che batteva forte, mi nutrivo ma non mi bastava, volevo uscire da quel guscio; sapevo che se ci fossi rimasta ancora avrei rischiato di morire. E allora iniziai a farmi sentire sbattendo mani e piedi esattamente come fanno i bambini capricciosi. E in tutto questo impeto però ad un tratto mi accorsi che stava succedendo qualcosa…
vedevo la mia mamma che si accartocciava su se stessa… forse era stato il mio agitarmi che le aveva fatto male….cosa succedeva? Non capivo,rimasi buona.
Andammo in macchina, mio papà correva come un pazzo. Erano le cinque del mattino forse, arrivammo in un posto…..strano tutti vestiti di bianco. Che facce! Ho quasi paura…
A me e mamma ci portarono in una stanza strana….sentivo venir meno tutte le sicurezze che avevo. Mia mamma gridava, stava male, forse stava male per colpa mia. Anche io stavo male, mi sentivo stringere la gola…sentivo varie voci: qualcuno diceva “procediamo”, qualcun altro invece diceva “no, è così giovane diamole tempo..” intanto passavano le ore.
Ecco una faccia rassicurante, che bella, si sedette accanto alla mia mamma, le prese la mano, iniziò ad accarezzarla..lei si rilassò, prese coraggio e iniziò a dare forti spinte…mi cacciava via da se, perché? Mi sentivo morire, avevo una specie di corda che mi circondava il collo, mi mancava l’aria, ero troppo piccola per salvarmi da sola. Finalmente qualcuno mi liberò, la mia mamma piangeva ma era felice. Ed io? “Sono morta?” mi chiedevo tra me e me. Ops qualcuno mi ha dato uno schiaffetto sul sedere..”come si permette?” protestai(ma sempre tra me e me)
“Solo perché sono indifesa si prendono certe libertà… ora mi sente”. Urlai e piansi, finalmente potevo farlo. Finalmente tutti potevano sentirmi. No, non ero morta.
Ero viva, Ero nata. Erano le 16:15 di un caldo mercoledì.
Grazie mamma. Il 9 Luglio sarà sempre la nostra festa, la mia festa. La festa della mia vita! E mentre il mio papà per cercarmi tra gli altri bambini del nido batté la testa contro un vetro, mia mamma riposava un po’, io iniziai questa lunga avventura che tra lo scorrere del tempo e l’avvicendarsi degli episodi ha fatto di me ora una giovane donna di trent’anni.
